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Parrocchia di San Lorenzo Martire - via Leone XIII, 15 - quartiere di Redona (Bergamo)
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22/03/2015
V domenica di QUARESIMA

INIZIO E LETTURE

OMELIA
 
Itinerario di Quaresima 2015
ALLA TAVOLA DI GESU'
5
Alla tavola dell’abbondanza

Già la possibilità di vivere a tavola la grazia e la bellezza dell’incontro, della condivisione, dello scambio, della festa è esperienza di abbondanza. È esperienza che ci supera, ci sovrasta, ci sopravanza. Ci si sente appagati del dono che si vive insieme con gli altri. Anzi, si ha la sensazione che sia perfino troppo ciò che si vive. Troppo bello, troppo ricco, troppo significativo. E non perché necessariamente in tavola ci sia troppa roba, o ci siano vivande raffinate e costose, rare. O perché le persone con le quali si condivide la tavola siano importanti o famose. Non è la misura delle cose, non è l’importanza delle persone che offre quel sentire. Non è la quantità. È, piuttosto, un certo modo di essere invitati a tavola; un certo modo di essere introdotti dentro la realtà. È un certo modo di accostarci, di vedere e di vivere le cose e le relazioni! È un certo modo di abitare la tavola e la vita! Se mi è data l’opportunità di accogliere l’invito come possibilità; se riesco ad accoglierlo come dono; se sono capace di vivere la tavola alla quale siedo abbandonandomi ad essa; se mi riesce di consegnarmi alle relazioni come opportunità e dono esse stesse, allora mi si spalanca davvero l’esperienza dell’abbondanza. Perché abito gli spazi del gratuito. Perché mi accorgo di ricevere in dono. Perché mi rendo conto che tutto mi è regalato. Non misuro più. Non calcolo più. Sperimento di ricevere più di quanto potessi pensare e desiderare. Sento che è troppo ciò che vivo e ciò che ricevo. Certo, perché questo si realizzi non ho altra possibilità che quella di abbandonarmi, di consegnarmi. Come il chicco di frumento che cade nella terra e si abbandona. Come il bambino che si affida. O l’uomo e la donna che si consegnano reciprocamente. È questione di sguardo. Ed è questione di cuore: di un cuore che, si apre, che sa fidarsi, che sa abbandonarsi. Di un cuore che si lascia plasmare, che lascia scrivere in sé novità, come direbbe il profeta Ezechiele. Gesù di fronte alla morte vive questa esperienza. Non si lascia chiudere nella logica della morte, della violenza, dell’odio. Non siede a questa tavola che rapisce la vita e la chiude in se stessa. Sceglie di fidarsi, di affidarsi al Padre, di consegnarsi alla logica del dono gratuito. Siede alla tavola del dono: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore,

produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 24‐25). Sarà proprio consegnando se stesso che aprirà spazi infiniti di gratuità. Sarà donandosi che consegnerà a tutti la possibilità di sperimentare l’abbondanza straripante della logica del dono. La tavola dell’ultima cena lo confermerà: quel pane è davvero offerto a tutti. Basta per tutti, abbondantemente. Ed avanza anche. Sempre. Perché è sempre troppo. Proprio troppo! È pane spezzato per tutti perché tutti ne possano mangiare. Perché tutti possano sentire il gusto del dono, della vita regalata per amore. Alla tavola di questo pane sediamo anche noi. Ed anche a noi è donato di sperimentare la logica del dono gratuito ed abbondante. Per noi e per tutti. Per questo, sedere a questa tavola diventa possibilità autentica di spalancare occhi e cuore su tutti. Nella condivisione dello stesso dono. Nello spezzare ciò che siamo e ciò che abbiamo. Sedere a questa tavola fa bruciare: apre alla necessità di vivere il dono, di condividere, di offrire ciò che si ha, tanto e poco che sia. È sempre troppo, se è vissuto nel dono, nell’amore, nella gratitudine. I gesti di attenzione, di cura e di condivisione che viviamo nei confronti dei fratelli e di chi ha più bisogno di noi nascono da qui e testimoniano la bellezza e la ricchezza dell’amore. Per questo sono gesti densi, ricchi, pieni di senso: portano in sé la bellezza del dono, del mistero e del segreto della vita! Per questo è a questa tavola ed a partire da essa che, come comunità, costruiamo i vari progetti di carità, di cura, di servizio. È a partire da qui che poniamo gesti e segni di fraternità e di dono. Ma vivere il dono non è perdere qualcosa. È, piuttosto, offrirsi la possibilità di sperimentare noi stessi l’abbondanza. Perché donare è entrare nel dono. È sperimentarlo in sé. È gustarlo. È sentirlo. Perché io stesso partecipo della gioia nel dono. La ricevo e la gusto. Tocco con mano che la vita è davvero gratuità e gratitudine! «Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica» (Gv 15, 17) diceva Gesù dopo la lavanda dei piedi: è proprio vivendo il servizio, il dono che ne puoi sperimentare la gioia, la beatitudine, l’abbondanza! «Fa’ questo e vivrai!» (Lc 10, 28).